Con ordinanza del 26 febbraio u.s. il Tribunale di Roma ha sancito l’applicabilità, anche ai dirigenti, del divieto di licenziamento individuale disposto dalle norme emergenziali varate per far fronte alle conseguenze economiche determinate dalla pandemia Covid-19, confermando la linea interpretativa sostenuta da Federmanager sin da subito.
Il Giudice del Lavoro ha esaminato il caso di un dirigente licenziato – durante la vigenza del divieto di licenziamento imposto dal Cura Italia e dal decreto Rilancio – per motivi oggettivi: soppressione della posizione per riorganizzazione aziendale visto il calo dell’attività dovuto alla pandemia.
Secondo il Tribunale, la ratio “di ordine pubblico” del blocco dei licenziamenti è quella di evitare che le conseguenze economiche della pandemia possano tradursi nella soppressione di posti di lavoro.
Trattandosi di un rischio generalizzato, non può ragionevolmente ritenersi non interessi anche la categoria dei dirigenti.
Una diversa ratio si porrebbe in contrasto con la tutela accordata, anche ai dirigenti, in caso di licenziamento collettivo: non si comprenderebbe uno sdoppiamento della tutela a fronte di licenziamenti aventi tutti la medesima causa determinante, ossia la crisi economica provocata dall’emergenza pandemica.
Anzi, precisa il Giudice, è proprio il blocco dei licenziamenti collettivi ad offrire “un dato significativo del fatto che il legislatore non abbia in realtà inteso fondare una distinzione basata sullo ‘status’ del lavoro dirigenziale e sulla particolarità di esso”.
Una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni emergenziali in materia di licenziamento, dunque, non può ritenere la categoria dirigenziale esclusa dalle garanzie sul blocco dei licenziamenti, tanto collettivi quanto individuali.
Il Giudice del Lavoro ha, quindi, dichiarato la nullità del licenziamento del manager per violazione di disposizione imperativa che vieta il recesso, ordinando al datore di lavoro la reintegrazione del dirigente nel posto di lavoro, con condanna al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
L’ordinanza è destinata, evidentemente, a incidere significativamente sull’interpretazione del dettato normativo e a far sì che le aziende si astengano dall’assumere provvedimenti nei confronti dei propri dirigenti in vigenza del disposto normativo con scadenza il prossimo 31 marzo, ma che probabilmente sarà prorogato.